C’è lo sfondo benefico, negli eventi organizzati dalla Image Consulting di Massimo Leonardelli, vedi il concerto del 25 maggio scorso a Roma con Charlie Siem per il Bambin Gesù, altrimenti l’orchestra sinfonica russa diretta da Carlo Ponti junior, ascoltata da Benedetto XVI e Sophia Loren. C’è il baricentro che ha accompagnato l’immersione nel mondo della moda, filtrandone stagioni e frenesie. C’è l’impegno per l’orfanotrofio in Etiopia, per l’ospedale pediatrico in Mali, da vice presidente di Children For Peace.
C’è un giardino personale, dietro alla nitidezza dell’operare di Leonardelli, una vita precedente che perennemente nutre l’attuale: un passato da seminarista. Nove anni di clausura che hanno aperto la prospettiva: «C’è una forma di studio, di rispetto e di amicizia che ti tiene con i piedi per terra, lontano da ogni trappola di vanità».
Seminarista «convinto al mille per mille» poi entrato in crisi, quindi uscito dalla clausura per spostarsi, da volontario, a Calcutta, accanto a Madre Teresa. Un vero passaggio in India: «Un momento di scombussolamento,
mi sembrava che la Chiesa dovesse essere Madre Teresa stessa, poi ho capito che è universale». S’ingrandisce il pensiero mentre si lascia la strada, restano la laurea inDiritto Canonico e la mistica, nel frattempo Leonardelli diventa visagista da Dior.
Come teoria il mito delle attrici americane anni Trenta e Quaranta, come pratica quella sul viso della madre che truccava da bambino, il risultato l’assunzione: «Si vede che hai avuto una buona scuola».
Si passa poi alla moda, 15 anni da Valentino, Jackie Kennedy e Ljuba Rizzoli frequentano Massimo e la Chiesa che c’è in lui: «Erano affascinate,
facevano molte domande ». Tra domande e riposte, Jackie collega il ricamo
della casula di un pontefice con un mosaico bizantino e se ne ossessiona, la Rizzoli scopre il rosario.
Leonardelli lavora, dopo Valentino tocca a un altro stilista, a cui tocca l’incarico di quattro casule per Giovanni Paolo II: «Non ho mai lasciato i rapporti con il Vaticano, ho tante amicizie, molti missionari ». Quelle casule, riconoscibili per plurime etichette all’interno, con tripla firma
di sarta, stilista e ricamatrice, sono diventate parte del guardaroba di un Santo. Precisa è anche l’estetica, da seminarista: figure in nero, fruscio di abiti lunghi che hanno cristallizzato lo stile personale di Massimo
in un minimalismo di bianco, nero e blu. La moda non ha potuto nulla: «Niente
m’incanta più di un cardinale in rosso porpora, il violaceo di un vescovo, o i mantelli liturgici con miscugli di pietre colorate».
Ma per Leonardelli, lo stile è innanzitutto pensiero: «Il casual non va improvvisato».
Se si tratta di bene e male: «La gente può essere invidiosa del bene che tu fai». Il libro: «Il colloquio di André Frossard con Giovanni Paolo II, Dio esiste, io l’ho incontrato, un ateo che si converte, ma sono convincenti
entrambi». L’ossessione: «Da cinque anni studio le altre religioni, con grande attrazione per l’induismo. Mi strapperebbe dalla mia vita precedente, quindi prima devo arrivare in fondo». Come in tutto, da perfezionista, a partire dal letto: «Ho paura che qualcuno entrando visualizzi il caos del mio sonno. Appena mi alzo devo rifarlo». Albergo compreso.